PER DIFENDERE IL LAVORO E LA DEMOCRAZIA

Rifondazione Comunista con la Fiom e con i No Tav


Oggi Rifondazione Comunista si mobilita in maniera massiccia condividendo le parole della Fiom. A Roma, in piazza per difendere lavoro e democrazia. Paolo Ferrero illustra le ragioni di una scelta strategica.

«Si potrebbe partire da 3 numeri fondamentali, 3 articoli: 14, del cosiddetto “decreto semplificazioni” che di fatto deregolamenta la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, 18, dello Statuto dei lavoratori, che si vuole abolire per dare ai padroni la possibilità di licenziare in ogni momento e 81, l’articolo della costituzione che si vuole modificare per introdurre l’obbligatorietà del pareggio di bilancio. 3 questioni dirimenti della vita democratica su cui è necessario per una forza che si ritiene di sinistra, essere in piazza oggi».

Paolo Ferrero segretario del Prc, parte da questi elementi concreti , strutturali al disegno del governo Monti, per motivare una grande presenza del partito in piazza con la Fiom. Il Pd oggi invece ha scelto di non esserci..

«Una scelta sbagliata e assurda. Gran parte del Pd aveva già deciso di disertare una giornata così importante ma arrivare a dire che la presenza del presidente della Comunità montana della Val Susa muta di segno alla manifestazione è inaccettabile. Bene ha fatto la Fiom ad invitare i rappresentanti del movimento No Tav di cui condividiamo in pieno le ragioni. La TAV è un’opera inutile, dannosa e costosa. Un vero monumento al mal governo delle risorse e del territorio».

Identico l’atteggiamento, non solo del Pd, rispetto al “pareggio di bilancio”.

«Si, senza spiegare neanche in cosa si tradurrà nei fatti. Per anni e anni, si decide di fare una politica recessiva, che produrrà disoccupazione e nuove diseguaglianze. Il pareggio di bilancio sommato al fiscal compact produrrà manovre pesantissime, con tagli di spesa che ricadranno soprattutto sul welfare, sui salari, sulle pensioni, su chi è più vulnerabile insomma. Vedremo in tempi brevissimi come verranno ridotte le strutture già pericolanti del Paese, la scuola, la sanità, la ricerca, i servizi essenziali».

Il governo intano punta ad una rapida riforma del mercato del lavoro

«Ad una controriforma. Maggiore ricattabilità, riduzione se non eliminazione degli ammortizzatori sociali, sostituita da indennità di disoccupazione in cui non sia più previsto il mantenimento del rapporto di lavoro con l’azienda, la precarietà come fattore dominante dei rapporti di lavoro, il ruolo dei sindacati ridotto a strumenti di servizio delle imprese, espulsione dalle aziende di chi non firma la miriade di contratti in cui si intende frammentare i rapporti di lavoro, in pratica la demolizione dello Statuto».

La Fiom oggi sciopera ed è in piazza anche per questo

«Quanto sta accadendo negli stabilimenti Fiat, non solo a Pomigliano o a Mirafiori indica la volontà della Fiat di eliminare il sindacato dalle aziende. Cacciare il maggior sindacato perché si oppone agli accordi capestro, rifiutarsi di assumere persone iscritte alla Fiom, non applicare neanche le sentenze della magistratura come quella che obbliga al reintegro dei 3 operai ingiustamente licenziati a Melfi, determina un effetto a valanga. La fabbrica sta diventando sempre più simile ad una caserma in cui chi non obbedisce è fuori. Del resto l’eliminazione degli spazi democratici dentro e fuori dai luoghi di lavoro fa parte integrante delle modalità con cui ancora ci si propone di uscire dalla crisi».  

 Un progetto che funziona?

«No. Un progetto che nel suo complesso produrrà solo recessione, impoverimento e disoccupazione, che porterà ad aumentare sempre più il divario fra quel 10% che controlla gran parte delle ricchezze e quel 60% le cui condizioni di vita materiali peggiorano di giorno in giorno. Per uscire dalla crisi va rivisto radicalmente il modello di sviluppo e con urgenza va messa una mordacchia al capitale. Patrimoniale, tassa sulle transazioni finanziarie, lotta all’evasione, taglio radicale alle spese militari e alle inutili grandi opere sono solo il primo passo che bisognerebbe compiere per redistribuire ricchezze. Poi ci si dovrebbe muovere per rivedere drasticamente il rapporto con la Bce, con il Fmi e con le istituzioni europee. Le condizioni imposte per tagliare il debito pubblico non sono accettabili».

Ci sarebbe bisogno per attuare questo di una vera sinistra.

«Si, partendo dalla sinistra che oggi ha scelto di essere in piazza senza ambiguità o distinguo. Capace di schierarsi in maniera netta, quella dei lavoratori e delle lavoratrici della Fiom ma dei precari, degli studenti dei movimenti che non ci stanno a subire le ricette del governo dei banchieri. Noi, come Federazione della Sinistra ci siamo e abbiamo proposto a SeL e IdV di unirci per produrre iniziative di sostegno alla Fiom. Una qualche interlocuzione si è aperta con l’IdV mentre da Sel abbiamo trovato una completa chiusura e nessun dialogo. Abbiamo anche iniziato una raccolta firme in difesa dell’articolo 18. Ci siamo nei territori e nelle tante vertenze come nei conflitti che si aprono. Quello che serve è una sinistra capace di unirsi attorno a questi contenuti, attorno al concetto di bene comune e non costretta a piegarsi nei rapporti di forza con chi ancora crede in soluzioni temperate nel solco del liberismo».

Stefano Galieni

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