RENZI IL PRECARIZZATORE

di Roberta Fantozzi (14 maggio 2014)

Il decreto lavoro approvato ieri non rappresenta altro che la volontà del governo Renzi di precarizzare definitivamente il lavoro.

Il decreto prevede che si possa essere assunti a termine per tre anni senza che l’impresa debba motivare perché ha fatto ricorso al lavoro temporaneo. In questo modo le lavoratrici e i lavoratori non avranno nessuno strumento per difendersi, come accadeva prima, quando se non c’erano ragioni che giustificassero il termine si poteva almeno fare causa e avere diritto ad essere stabilizzati. Ora no. Ora ogni impresa potrà sfruttare il lavoratore, mandarlo via prima che scattino i tre anni, poi assumere un’altra persona e ricominciare il giro!

In quei tre anni, le proroghe potranno essere al massimo cinque, però i rinnovi non hanno limite. Cioè se all’inizio ti hanno fatto ad esempio un contratto di tre mesi, non possono allungare la durata di quel contratto per più di 5 volte, però possono fare un nuovo contratto tutte le volte che vogliono. I contratti potranno avere durata limitatissima ed essere rinnovati all’infinito: una persona sarà sempre sotto ricatto!

E non è vero che c’è il “tetto” del 20% dei contratti a termine sull’occupazione complessiva di un’impresa. Il tetto si potrà tranquillamente sforare perché i contratti in somministrazione non ci rientrano. Basta passare da un’agenzia di lavoro interinale ed è tutto a posto. Neppure in caso di sforamento del tetto, inoltre, ci sarà la possibilità di essere stabilizzati, ma solo una multa da pagare.

Renzi con una mano promette gli 80 euro in busta paga, con l’altra vara una riforma strutturale che non fa altro che generalizzare il ricatto della precarietà e rendere sempre più difficile l’organizzazione collettiva delle lavoratrici e dei lavoratori. Si accelera il processo di sostituzione del lavoro stabile con lavoro privo di ogni diritto e sottopagato: non è altro l’obiettivo indecente del governo.

Renzi getta la maschera anche rispetto a tutta la propaganda profusa e su cui ha costruito le propire fortune: è evidente che il decreto si scaricherà direttamente su chi deve entrare nel mondo del lavoro e che i giovani ne saranno le prime vittime. Come è evidente che le donne, già oggi più colpite dalla precarietà, pagheranno un prezzo più alto. Non ci sarà bisogno nemmeno più delle dimissioni in bianco, basterà assumere a termine con il contratto “acausale”: un divieto permanente alla possibilità di poter scegliere la maternità.

Il decreto Poletti-Renzi-Sacconi produce in sostanza un danno diretto ed immediato per i soggetti più deboli ed un danno sistemico per tutte le lavoratrici ed i lavoratori, compromettondone ulteriormente la possibilità di organizzazione collettiva e contrattuale.

Ma le politiche contro il lavoro e i diritti del governo Renzi non finiscono qui.

Se gli sgravi fiscali a regime valgono 10 miliardi, i tagli della spending review nel valgono 32 secondo le previsioni del Def varato un mese fa: e la gran parte di essi alla fine ricadrà sui servizi. Nuovamente le donne saranno le più immediatamente colpite dalla riduzione del già poverissimo welfare nostrano, che scarica su di esse la responsabilità del lavoro di riproduzione sociale.

Ed ancora. Il governo mette in conto privatizzazioni per quasi 50 miliardi nei prossimi 4 anni, continuando ed accelerando quelle politiche che sono all’origine della “crisi nella crisi” dell’Italia. Gli anni ’90, in cui l’Italia in obbedienza ai parametri di Maastricht è stata seconda solo al Giappone tra i paesi Ocse per entità delle privatizzazioni (con 120 miliardi di introiti dal 1992 al 2010) non hanno fatto altro che compromettere la capacità di innovazione del sistema produttivo nel suo complesso, marginalizzando l’Italia nella divisione internazonale del lavoro. Invece di fare delle aziende pubbliche residue la leva per nuove politiche industriali e per la riconversione ecologica delle produzioni, dall’energia alla mobilità, ci si appresta ad una nuova svendita e ad un nuovo impoverimento del paese.

Il governo Renzi non rottama le politiche dei governi precedenti, le continua in forma estrema.

Obbediente ai diktat della Merkel, al Fiscal Compact e alla richiesta di “riforme strutturali”, rottama il futuro dei giovani, delle donne, del lavoro e del paese nel suo insieme.

Spieghiamolo alle persone e spieghiamogli che il 25 maggio si vota per un’altra Europa ed un’altra Italia.

Dove: