dibattito a sinistra

Sinistra: partiamo subito!

di Paolo Ferrero

 

Condivido molto l’appello di Marco Revelli e Argiris Panagopoulos “Fare subito ciò che si deve fare”, uscito ieri sul manifesto nel contesto del dibattito sulla sinistra.

Costruire “un soggetto politico dichiaratamente antiliberista dotato della forza per competere per il governo del paese in concorrenza con gli altri poli politici” oggi non solo è necessario ma possibile. Rifondazione Comunista da tempo avanza questa proposta politica: partiamo subito, noi ci siamo.

I punti di riferimento di questo soggetto mi paiono ben delineati da Marco e Argiris: L’Unione Europea è una gabbia d’acciaio neoliberista, costruita sull’austerità attorno agli interessi dominanti tedeschi. Questa Europa è stata costruita insieme da popolari, liberali e socialisti: a tutti costoro, alle loro politiche, al blocco di potere e di interessi che rappresentano, dobbiamo costruire un’alternativa. Si tratta di un punto fondamentale in quanto la sinistra in questi ultimi vent’anni si è sempre divisa sui rapporti con il PD e il partito socialista europeo. Oggi, dopo il vergognoso comportamento dei partiti socialisti nella vicenda greca, la questione mi pare chiara: i “socialisti” e non solo il PD renziano sono parte del problema e non della soluzione. La sinistra deve costruire un’alternativa anche alle loro politiche e non porsi in posizione emendativa, cioè subalterna.

Un’alternativa europea – che non lasci solo il governo greco – ed in ogni singolo paese. La vicenda Greca ci parla chiaramente della durezza dello scontro. Le classi dominanti europee non accettano una dialettica democratica tra proposte alternative: sono portatrici di una ideologia ed una pratica totalitaria che ha messo fuori gioco completamente ogni ipotesi riformista. Il socialismo europeo è fallito con l’attiva accettazione del neoliberismo, così come i partiti socialisti europei naufragarono cento anni fa di fronte alla prima guerra mondiale: occorre costruire una alternativa da sinistra a questo fallimento e al nazionalismo razzista che esso alimenta.

Per questo serve una sinistra antiliberista di governo – italiana ed europea -  che sappia avanzare proposte concrete su cui ottenere il consenso popolare, rovesciando l’impostazione dell’Unione Europea che favorisce il capitale distruggendo diritti e democrazia.

Dentro questa crisi del capitalismo, occorre uscire dal paradigma della scarsità, imposto attraverso l’austerità, al fine di aumentare profitti e guerre tra i poveri. Tematizzare la redistribuzione della ricchezza, del lavoro, del potere. Praticare la riconversione ambientale e sociale dell’economia, aprendo un percorso di cooperazione mediterranea. Serve un nuovo progetto europeo che sappia sconfiggere l’incubo che è diventata l’Unione Europea. Su questo progetto lavorano da tempo il Gruppo Unitario della Sinistra nel Parlamento Europeo e il Partito della Sinistra Europea: credo sia necessario rafforzare queste esperienze per dare corpo alla nostra prospettiva in Italia. Se il governo greco ha dovuto subire il diktat della UE, questo è dovuto alla nostra debolezza, alla debolezza della sinistra in Europa. Dobbiamo colmare questo gap e parallelamente costruire un progetto sul piano nazionale per il diritto al lavoro, i diritti sociali e civili, la democrazia. Oggi la forza di Renzi non sta nel consenso di cui godono le sue proposte e nemmeno nell’assenza di singole proposte alternative. La sua forza sta nell’assenza di una forza di sinistra, civile e credibile, in grado di proporre un cambiamento complessivo e di agire la speranza nel vivo del conflitto sociale.

Per questo serve un soggetto unitario della sinistra: non due o tre in concorrenza elettorale tra di loro. L’unità è la condizione per dar vita ad un processo aperto, democratico, partecipato che sia rivolto a tutti e tutte coloro che vogliono costruire una alternativa al PD e al resto del quadro politico. Non si tratta solo di mettere insieme i partiti. Si tratta di costruire uno spazio politico ove gli uomini e le donne, i compagni e le compagne che operano a sinistra, nei sindacati, nelle associazioni, nei movimenti, nei comitati, possano riconoscersi e ricominciare a “fare politica”. Si tratta di fare i conti con la crisi della politica: non ci serve un partito tradizionale. La sinistra unitaria di cui abbiamo bisogno deve essere costruita dal basso, a “bassa soglia di ingresso”, darsi una nuova classe dirigente. Un soggetto politico che a partire da un progetto politico chiaro e condiviso sia in grado di essere il punto di riferimento per tutti e tutte coloro che sono impegnati nella trasformazione sociale, valorizzando le diverse forme di militanza, le diverse idee, i diversi percorsi, sconfiggendo il settarismo che non riconosce l’altro impedendo il dialogo e la costruzione di un comune progetto politico. Per questo serve un grande processo democratico e di partecipazione - una testa un voto – evitando i limiti di precedenti esperienze basate su una logica pattizia di vertice. Individuiamo subito un percorso possibile di assemblee territoriali che prepari un primo momento nazionale in autunno. Definiamo una carta di intenti e alcune semplici regole che per mettano di organizzare un percorso democratico per cominciare a discutere. Noi comunisti e comuniste di rifondazione riteniamo questo percorso necessario. Vediamoci subito!

Argiris Panagopoulos – Marco Revelli: “Fare subito ciò che si deve fare”

 

Mai come oggi la situa­zione — nazio­nale e inter­na­zio­nale – è stata così gra­vida di peri­coli e in così rapido muta­mento. Mai come oggi sen­tiamo la paura di per­dere del tutto il “nostro mondo”. Al tempo stesso, le evi­denti con­trad­di­zioni aprono straor­di­na­rie oppor­tu­nità di cam­bia­mento, se solo la sini­stra sapesse ritro­vare il senso del pro­prio esi­stere, come ha invi­tato a fare mar­tedì Norma Ran­geri sul mani­fe­sto del 28 luglio.

Lo sce­na­rio euro­peo in par­ti­co­lare – dal quale dipen­dono buona parte dei nostri destini e che non può non costi­tuire il rife­ri­mento prin­ci­pale del nostro agire – va rive­lando dram­ma­tici punti di caduta che met­tono in discus­sione la soprav­vi­venza dell’idea stessa di Europa. E che comun­que rive­lano che così com’è essa non può soprav­vi­vere. Che l’Europa o cam­bia o muore.

L’iniziativa poli­tica corag­giosa del governo greco e del suo popolo ha avuto il grande merito di mostrarlo a tutti, con­fer­mando la por­tata dav­vero sto­rica dello scon­tro che si sta svol­gendo nello spa­zio euro­peo. Il fatto che in que­sti giorni cru­ciali la Gre­cia sia rima­sta sola, denun­cia tutto il ritardo e l’inadeguatezza della sini­stra euro­pea a svol­gere il pro­prio ruolo in que­sto nuovo spa­zio poli­tico e sociale.

Il mer­can­ti­li­smo libe­ri­sta dei Trat­tati, defi­niti a misura dell’interesse nazio­nale tede­sco, è inso­ste­ni­bile. Porta l’eurozona al nau­fra­gio. E d’altra parte, non pos­siamo nascon­der­celo, è debole oggi il con­senso, non solo al livello dei governi, per la radi­cale cor­re­zione di rotta neces­sa­ria alla soprav­vi­venza eco­no­mica e demo­cra­tica dell’eurozona. L’ostacolo immenso lungo la strada non è solo la debo­lezza delle lea­der­ship poli­ti­che ma il defi­cit, morale e cul­tu­rale, dei popoli pri­gio­nieri dei diver­genti inte­ressi nazio­nali. Dob­biamo con urgenza defi­nire insieme come uscire da una trap­pola che svuota di senso sto­rico e poli­tico la sinistra.

Non sono, que­sti, gli unici segnali deva­stanti che ci arri­vano da Bru­xel­les, Fran­co­forte e Berlino.

Vi si aggiunge l’ostentazione di “disu­ma­nità sovrana” mostrata nella que­stione dei migranti, la vera emer­genza uma­ni­ta­ria del nostro tempo affron­tata come fasti­diosa que­stione di sicurezza.

La crisi delle cul­ture poli­ti­che demo­cra­ti­che tra­di­zio­nali, a comin­ciare da quella socia­li­sta, tra­volta dalla subal­ter­nità cul­tu­rale al libe­ri­smo delle social-democrazie occi­den­tali, e il sim­me­trico rie­mer­gere di popu­li­smi xeno­fobi e raz­zi­sti, non dis­si­mili da quelli che carat­te­riz­za­rono la cata­strofe euro­pea degli anni trenta.

La pra­tica costante di chie­dere ai governi mem­bri – a comin­ciare dal nostro, e da quelli spa­gnolo, por­to­ghese e irlan­dese oltre che, natu­ral­mente, a quello greco — di “far male” ai pro­pri popoli, impo­nendo loro sacri­fici dan­nosi e par­ti­co­lar­mente dolo­rosi per gli strati più deboli, come prova di fedeltà a un patto mai siglato da quei popoli e dive­nuto insop­por­ta­bile eco­no­mi­ca­mente, social­mente e moralmente.

In que­sto qua­dro il governo ita­liano è total­mente subal­terno a quella impo­si­zione e a quei dogmi, non solo inca­pace di modi­fi­carne quan­to­meno gli aspetti più pena­liz­zanti ma, anzi, impe­gnato a por­tare a com­pi­mento con zelo il man­dato rice­vuto dall’oligarchia che dirige l’Europa.

Vanno in que­sta dire­zione la mano­mis­sione del nostro ordi­na­mento demo­cra­tico costi­tu­zio­nale; la ten­den­ziale liqui­da­zione della nostra demo­cra­zia rap­pre­sen­ta­tiva in nome di una forma di governo bru­tal­mente sbi­lan­ciata sul potere ese­cu­tivo (una “demo­cra­zia ese­cu­tiva” o “ese­cu­to­ria”); l’imposizione di una legge-truffa desti­nata a defor­mare gra­ve­mente le volontà dell’elettorato e di con­se­gnare al dema­gogo di turno un potere senza più con­trap­pesi né anti­corpi; la volontà di can­cel­lare le rap­pre­sen­tanze sociali (in primo luogo quelle sin­da­cali) e l’umiliazione del mondo del lavoro con la can­cel­la­zione dei suoi diritti; l’aggressione vol­gare al mondo della cul­tura e della scuola, con l’umiliazione del sapere in nome di cri­teri gerar­chici azien­dali; la ridu­zione a merce di ciò che rimane del nostro patri­mo­nio ter­ri­to­riale e dei nostri beni comuni…

Quella che si con­fi­gura con il governo Renzi è una vera “emer­genza demo­cra­tica”. L’azione svolta finora e quella che si pre­para a por­tare a com­pi­mento defi­ni­scono il pro­filo di un muta­mento di sistema che richiede, per essere con­tra­stato, un’innovazione poli­tica e orga­niz­za­tiva all’altezza della sfida.

Come mostra la vicenda greca in tutta la sua dram­ma­ti­cità, oltre al con­flitto tra Stati e inte­ressi nazio­nali , si pro­fila all’orizzonte un con­flitto poli­tico e sociale di tipo nuovo, tra demo­cra­zia e oli­gar­chie finan­zia­rie e buro­cra­ti­che trans­na­zio­nali; tra domi­nio tota­liz­zante della forma denaro e affer­ma­zione dei prin­ci­pii fon­da­men­tali di giu­sti­zia sociale, egua­glianza e soli­da­rietà; tra governo dall’alto di società sem­pre più ingiu­ste e par­te­ci­pa­zione con­sa­pe­vole e dif­fusa alle scelte col­let­tive, com­bat­tuto non più solo nell’angusto spa­zio nazio­nale ma in campo euro­peo, in cui sarà fon­da­men­tale la capa­cità di dar vita a for­ma­zioni di grandi dimen­sioni, cre­di­bili, forti, auto­re­voli, capaci di supe­rare le distin­zioni di nazio­na­lità e le altret­tanto asfit­ti­che fram­men­ta­zioni identitarie.

Per que­sta ragione noi oggi rite­niamo non più rin­via­bile l’impegno di tutte le forze che si pon­gono in alter­na­tiva a que­sto qua­dro dram­ma­tico e che ancora si richia­mano ai valori di egua­glianza, auto­no­mia e libertà che furono della migliore sini­stra a porre in campo anche in Ita­lia, nei tempi brevi impo­sti dalla gra­vità della situa­zione, una forza uni­ta­ria, inno­va­tiva nello stile poli­tico e cre­di­bile nel pro­prio pro­gramma, non mino­ri­ta­ria né chiusa in ste­rili pra­ti­che testi­mo­niali ma capace, come già è avve­nuto in Gre­cia e in Spa­gna, di costi­tuire un’alternativa di governo e di para­digma allo stato di cose pre­sente. Un sog­getto poli­tico dichia­ra­ta­mente anti­li­be­ri­sta, dotato della forza per com­pe­tere per il governo del paese in con­cor­renza con gli altri poli politici.

Tutte le ultime tor­nate elet­to­rali hanno rive­lato che senza un pro­getto uni­ta­rio a sini­stra, capace di supe­rare l’attuale fram­men­ta­zione, non c’è spe­ranza di soprav­vi­venza per nes­suno. Non pos­siamo con­ti­nuare a ripe­tere che il tempo è ora. Biso­gna dare, da subito, un segnale chiaro. Che si è pronti. E che c’è biso­gno di tutte e tutti. Non solo di chi, in que­sti mesi, nell’area poli­tica alla sini­stra del PD, ha avviato un fitto dia­logo in vista dell’apertura di un “pro­cesso costi­tuente”, ma soprat­tutto degli altri, che nei “luo­ghi della vita” con­ti­nuano a tes­sere resi­stenza, soli­da­rietà, azioni civili, coe­sione sociale. A com­bat­tere l’imbarbarimento e a spe­ri­men­tare il bien vivir. Quelli che aspet­tano che qual­cosa si muova, e che sia cre­di­bile, nuovo, diverso, forte.

Dovranno essere soprat­tutto loro i pro­ta­go­ni­sti della grande “casa comune” che di deve ini­ziare a costruire.

Fac­ciamo sì che sia da subito un “per­corso del fare”. Indi­vi­duiamo fin d’ora nell’iniziativa refe­ren­da­ria sui temi più vicini alla vita delle per­sone un ter­reno su cui impe­gnarsi qui ed ora. Impe­gnia­moci a costruire su ogni tema la più larga rete di sog­getti, che già ci sono, e già sono attivi.

Si lanci, ancor prima della pausa estiva, un mes­sag­gio chiaro e forte: che ci siamo. Che par­tiamo. Che pos­siamo far­cela. Lo dob­biamo ai tanti che aspet­tano da troppo tempo.

 

 

 

 

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