Obiettivo primario del Ttip è attaccare i servizi pubblici

 

di Marco Bersani

«Per chi legge in buona fede il mandato negoziale del Ttip, è del tutto evidente che i servizi pubblici non sono oggetto di negoziazione» era il leit-motiv dell’ex-viceministro allo Sviluppo Economico, Carlo Calenda, prima di essere recentemente nominato «ambasciatore» del Governo presso l’Ue.

Con buona pace della rassicurazioni governative, la realtà è ben diversa. Del resto, già dal 2013, gli Stati uniti avevano dichiarato l’intenzione di servirsi del Ttip per «esaminare il funzionamento di determinati monopoli europei nel settore dei servizi pubblici» (lettera del vice-rappresentante per il Commercio Usa Demetrios Marantis a John Boehner, portavoce della Camera dei Rappresentanti degli Stati uniti, 20 marzo 2013, mentre la stessa Commissione europea sta spingendo da anni per l’inclusione di tutti i servizi pubblici negli accordi commerciali internazionali (Commission Proposal for the Modernisation of the Treatment of Public Service in EU Trade Agreements, Bruxelles, Commissione Europea, 26 ottobre 2011).

L’escamotage risiede nella definizione di «servizio pubblico» adottata in questi accordi. Una definizione che si basa su due negazioni: a) non è servizio pubblico, quello la cui erogazione può essere effettuata anche da soggetti diversi dall’autorità di governo; b) non è servizio pubblico, quello per la cui erogazione è previsto un corrispettivo economico, anche una tantum. Da queste designazioni emerge chiaramente come l’istruzione e la sanità non vanno considerate servizi pubblici, in quanto possono essere erogati anche da soggetti privati, così come l’acqua, l’energia, i rifiuti e il trasporto pubblico, in quanto per la loro erogazione è previsto il pagamento di una tariffa.

Persino la tessera della biblioteca di quartiere (cinque euro/anno), essendo un corrispettivo una tantum, ne fa decadere il carattere di servizio pubblico.

Di conseguenza, governi e Ue hanno ragione quando sostengono che i servizi pubblici sono esclusi dai negoziati commerciali, a patto che precisino come, nella loro versione, i servizi pubblici siano solo i seguenti: l’amministrazione della giustizia, la difesa, l’ordine pubblico e la definizione delle rotte aeree internazionali. Tutto questo non basta: dentro quasi ogni capitolo dei negoziati Ttip troviamo elementi che vanno nella direzione della privatizzazione dei servizi pubblici. Vediamone solo alcuni:

1. Si passerà dagli «elenchi positivi», sinora utilizzati negli accordi commerciali Ue, all’approccio dell’«elenco negativo» in base al quale tutti i settori di servizi sono disponibili per la liberalizzazione, a meno che essi non siano specificamente classificati come eccezioni (in base al modello «elencalo o perdilo»), superando la pratica sinora consueta di sottoporre a liberalizzazione solo quei settori espressamente indicati come aperti alla concorrenza di aziende straniere.

2. Verrà adottata la clausola «standstill», che prevede per ogni governo l’impegno a non adottare nella legislazione nazionale misure più restrittive rispetto a quelle previste negli accordi internazionali.

3. Verrà adottata la clausola «ratchet», che prevede l’obbligo per ogni paese a non reintrodurre una determinata barriera precedentemente rimossa su un determinato settore di servizi. Questa clausola, ad esempio, renderebbe impossibile, qualora ce ne fosse la volontà politica, l’approvazione di una legge nazionale che realizzi l’esito del vittorioso referendum sull’acqua del giugno 2011 e vanificherebbe tutti i processi di rimunicipalizzazione del servizio idrico in corso in diversi paesi europei.

4. Verranno eliminate dai criteri di gestione dei servizi pubblici, qualsiasi clausola di obbligo di servizio universale (ad esempio per i servizi postali) o di prioritario interesse pubblico, che preveda, ad esempio, la libera distribuzione di acqua ed energia.

5. Verrà resa obbligatoria la gara internazionale per ogni appalto pubblico, eliminando qualsiasi politica di appalto dei governi locali a sostegno di importanti obiettivi sociali e ambientali. Questa clausola, ad esempio, renderà impossibile ad un ente locale di riservare la gara d’appalto per le forniture delle mense scolastiche a produttori biologici e a km0.

E, sopra a tutte queste norme, continuerà ad aleggiare la possibilità per le imprese di citare in giudizio presso corti di arbitrato commerciale internazionali governi o autorità pubbliche.
Con buona pace delle rassicurazioni governative, l’attacco ai servizi pubblici è dunque uno degli obiettivi primari del Ttip. A cui occorre opporsi con determinazione.

Attac Italia

 

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